Prosegue il Festival della Cultura, organizzato dal Comune di Moriago e diretto dalla storica dell’arte Lorena Gava, con presentazioni, dibattiti, mostre, passeggiate all’insegna della varietà, intesa anche come “verità”: il suono simile delle parole (o la felice similitudine fonetica) rimanda al piacere degli incontri e di ciò che accade dal vivo, perché la condivisione di un’esperienza è il fondamento della vita.
Fino a domenica 23 ottobre alla Casa del Musichiere, il sabato dalle 16:00 alle 19:00, domenica e festivi dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 19:00, è visitabile la mostra di Silvio Gagno “Una vita a colori”. Ingresso libero, info e dettagli: 0438 890834 info@moriagoracconta.it.
L’ avventura pittorica di Silvio Gagno inizia negli anni settanta con opere che mettono al centro la figura umana, indagata e declinata in forme e situazioni molto diverse. Può trattarsi di un corpo femminile, di un personaggio del mito, di giorgionesca memoria, o, con accenti più forti e profondi, di una Crocifissione o di una Deposizione. Il soggetto viene descritto con uno stile minuzioso, dettagliato, come se fossimo davanti ad una superficie musiva costruita con tessere, a smalto, brillantissime, il cui effetto finale rimanda ad una sorta di vetrata gotica preziosa e lucente. Negli anni ottanta, la figura si scioglie ed entra, preponderante, incontenibile, la forza ctonia della natura che scompagina ogni visione precedente. È il Silvio Gagno dei “Cieli alti”, delle tele dominate dal colore e dalla luce, da superfici dilatate che rimandano a descrizioni aeree di mondi siderali e insieme di pianure infinite, di acque e di terre sconfinate. Sono gli anni in cui Silvio dipinge nello studio di Lignano, all’ultimo piano di un grande albergo, oasi di vita e di arte, felice coincidenza di colore, natura e sogno. Nascono quadri alimentati di vento e di riflessi, di crepuscoli infuocati e di commoventi silenzi. Non mancano i momenti dedicati alla musica e, ascoltando Beethoven, si generano opere in cui dominano la dimensione astratta, il gesto informale e il pigmento fluido che rincorre il baluginare del sole.
Negli anni novanta, l’uso del pennello piatto, induce il maestro a concepire la tela come luogo di incontro o scontro: le superfici dipinte si caratterizzano per una sorta di cerniera, o meglio, di faglia centrale, a cui convergono opposte tensioni-direzioni. La tela è il luogo degli accadimenti, è lo spazio delle pulsioni vitali che si trasformano, successivamente, in “Corridoi” di cielo, in ipotetiche vie fatte di vuoto cosmico e rese attraverso l’impalpabile scansione di fasce cromatiche, spesso oblique e ripetute. Che si contempli l’aria o la terra, l’azzurro o il verde, non cambia il desiderio di trasferire l’emozione nel colore, il vitalismo nell’azione incommensurabile del segno pittorico.
Intorno al 2005 fanno il loro ingresso i “Codici”, tele innervate di trame colorate variamente combinate che nelle innumerevoli elaborazioni successive, diventano tratto distintivo, intermittenza luminosa e fluttuante. Arrivano persino a invadere la memoria, a costituire una sorta di codice genetico, di spirale o doppia elica che rimanda alle strutture del DNA. Nel ciclo dei “Codici di famiglia”, fotografie in bianco e nero vanno a costituire lo sfondo intimo di un lessico privato, fatto di volti e di persone che affiorano da una storia personale, da un passato di presenze-assenze fantasmatiche.
La ricerca sulle potenzialità del colore prosegue ininterrotta fino ai giorni nostri: nell’ultima produzione di Silvio Gagno, la luce continua a sfaldarsi sotto gli intervalli regolari delle pennellate filamentose che inseguono effetti tridimensionali e insieme dinamici di grande respiro. Nel vasto universo espressivo del maestro trevigiano, confluiscono, da sempre, molteplici echi e suggestioni: dall’impressionismo di Monet (citiamo le ninfee a Giverny) e dal post-impressionismo di Seurat (quasi alle origini dei moderni pixel digitali), fino alle scomposizioni futuriste care a Boccioni e alle vibrazioni del contemporaneo Gerhard Richter, è tutto un susseguirsi di riflessioni intorno alla materia colore che nella sua perpetua frammentazione e parcellizzazione, altro non fa, che catturare e trattenere il mistero ineffabile della luce declinato nei mille volti di una natura straordinariamente appagante e fiera.
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