Il terzo incontro della rassegna Pieve Incontra 2025, giunta all’ottava edizione, ha avuto come protagonista Franco Baresi, ospite centrale di una serata dedicata a sport, etica e memoria calcistica. L’evento si è svolto alla presenza di un pubblico numeroso e partecipativo, con l’accoglienza a cura della giornalista e organizzatrice Adriana Rasera.
Dopo il saluto del sindaco Stefano Soldan, che ha definito Baresi “un capitano che rappresenta i valori intensi dello sport e dell’Italia”, l’incontro ha preso forma intorno alla figura del difensore e capitano storico del Milan. Per l’occasione, il consueto colore fucsia dell’evento è stato eccezionalmente sostituito dal rosso, in omaggio alla lunga militanza di Baresi nel club rossonero.
Al centro della conversazione, il secondo libro di Baresi, Ancora in gioco, scritto in occasione dei suoi 50 anni in rossonero. Il volume ripercorre episodi della sua carriera e della vita personale, e intende trasmettere messaggi di determinazione, umiltà e valori umani ai più giovani.
Durante l’intervento, Baresi ha parlato delle sue origini, dell’ingresso nel Milan a soli 14 anni e dell’infanzia difficile che lo ha reso determinato: “Il talento da solo non basta”, ha affermato. Ha descritto il Milan come “una seconda casa e un’ancora di salvezza”, sottolineando l’importanza delle persone che lo hanno guidato e supportato.
Ricordando la sua crescita sportiva, ha raccontato l’emozione dell’esordio in Serie A a 17 anni a Verona, il primo contatto con Gianni Rivera, e la responsabilità di indossare la fascia di capitano a soli 22 anni, in un periodo complesso per il club. Il concetto di leadership, secondo Baresi, si fonda su semplicità, lealtà e comportamento esemplare: “Le parole volano, ma l’esempio resta”.
Il racconto si è poi spostato sulla carriera internazionale: tre podi in tre Mondiali, con una menzione speciale alla finale del 1994 contro il Brasile, giocata dopo un infortunio e un intervento al menisco. Baresi ha definito quella partita come una delle sue migliori prestazioni, evidenziando la forza mentale necessaria per affrontarla.
Il rapporto con Silvio Berlusconi, presidente del Milan per oltre vent’anni, è stato centrale: “Un presidente straordinario, capace di trasmettere entusiasmo”. Berlusconi ritirò la maglia numero 6, gesto simbolico che segnò il legame con il club.
Ampio spazio è stato dedicato anche al confronto tra il calcio di ieri e oggi, alla presenza del VAR, e al ruolo educativo dello sport. Baresi ha ribadito la necessità di trasmettere ai giovani il rispetto per le regole e per l’avversario, anche nelle sconfitte, come quella nella Champions League del 1993 contro il Marsiglia.
Nel corso della serata, l’ex calciatore ha raccontato dei viaggi in Brasile, Mongolia, Argentina, Cina e Giappone, con particolare attenzione all’impatto sociale dello sport nei contesti più fragili. In Mongolia, gli fu proposta l’intitolazione di uno stadio, evento che lo fece riflettere sull’influenza della figura dell’atleta nel mondo.
Rispondendo a domande del pubblico, Baresi ha riflettuto anche su aspetti più personali: il rapporto con il fratello Giuseppe, la gestione della preparazione mentale alle partite, il suo coinvolgimento nel settore giovanile del Milan dopo il ritiro, e la continuità mancante del Milan attuale in campionato.
L’incontro si è chiuso con i ringraziamenti agli organizzatori, agli sponsor e con un saluto speciale al giovane Elia, 7 anni, presente tra il pubblico. L’appuntamento ha confermato l’obiettivo della rassegna Pieve Incontra: offrire spunti di riflessione attraverso il racconto di esperienze significative, non solo sportive.
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