L’ISTAT ha pubblicato il nuovo report sulla dinamica demografica dell’anno 2022, e i dati non sono positivi per il Veneto e per l’Italia intera. Secondo il report, in Veneto, così come in Italia, la natalità è in forte calo.
Nel 2022, infatti, i nati in Veneto sono stati 31.706, rispetto ai 32.771 del 2021, vale a dire 1.065 nascite in meno nell’arco di un anno. Se si allarga l’orizzonte temporale a una decade, il calo è ancora più evidente: nel 2011 si sono registrati 45.382 nuovi nati, mentre nel 2022 la cifra è scesa a 31.706, un calo di -13.676 bambini in 11 anni.
“In Italia non volano più le cicogne perché non c’è un habitat adatto ad accoglierle – afferma Adriano Bordignon, neoeletto presidente nazionale del Forum delle Associazioni Familiari – È così che in altri paesi europei, pur con tendenze simili, il problema della denatalità non è così cronico. Se continuiamo con questo trend i processi sono destinati ad una accelerazione perché diventeremo meno appetibili per i nostri giovani alla ricerca di contesti più dinamici e accoglienti ma anche per gli immigrati che preferiranno altri paesi del continente.”
Guardando ai dati regionali del 2022, le nascite continuano a essere in forte calo in tutte le province del Veneto, con alcune perdite più significative nella provincia di Padova, che registra un calo pari addirittura al -7,65%, seguita da Venezia con un -4,31% e Belluno con un -4,25%. Rovigo resta sostanzialmente in pareggio (-0,5%), Treviso registra “solo” un -1,98%, mentre Vicenza e Verona, con rispettivamente -2,75% e -3,26%, completano il lotto.
Il calo della natalità non riguarda solo il Veneto, ma l’intero Paese. Nel 2022, infatti, sono state registrate 392.598 nascite in Italia, 7.651 in meno rispetto al 2021, vale a dire -1,9%.
Questi dati sono preoccupanti per il futuro del Paese e del Veneto in particolare. La riduzione della natalità comporta un invecchiamento della popolazione e una diminuzione della forza lavoro. Inoltre, potrebbe portare a un aumento della spesa per la previdenza sociale e sanitaria.
“Fattore Famiglia Comunale, servizi per la prima infanzia e la cura delle persone fragili, politiche abitative e di trasporto, welfare territoriale, politiche del lavoro – continua Bordignon – sono le variabili che incidono su questo tipo di ‘topografia familiare’ disomogenea anche a livello territoriale. I comuni e la Regione hanno leve che possono essere attivate nell’attesa di risorse e programmazioni di carattere nazionale”
Per contrastare questo trend negativo, sono necessarie politiche pubbliche efficaci che sostengano le famiglie e che agevolino l’accesso a servizi per l’infanzia e la conciliazione vita-lavoro. Sono inoltre necessari incentivi economici per le famiglie che decidono di avere figli e politiche che favoriscano la stabilità lavorativa e la flessibilità nei luoghi di lavoro per i genitori. Solo così potremo garantire un futuro migliore alle nuove generazioni.