La serie in onda su Netflix rischia di trasformarsi da opportunità in casus belli.
Enfatizzare il Prosecco rosé con l’immagine del castello di Susegana – da sempre location privilegiata dal Consorzio di Tutela per gli eventi istituzionali e di promozione del Conegliano Valdobbiadene DOCG – non ha reso felici i produttori della Denominazione, che per l’ennesima volta si sono sentiti depredati della loro identità e assimilati a un genetico “universo Prosecco”. Insomma la serie in onda su Netflix rischia di trasformarsi da opportunità in casus belli.
Sotto accusa non è tanto l’investimento economico deciso dal Consorzio che ha sede a Solighetto, bensì il fatto di essersi nuovamente “sottomessi” a una comunicazione appiattita e generalista. Il messaggio promozionale del Prosecco, che passa attraverso le immagini, la recitazione dei protagonisti di “Odio il Natale” e gli spot di presentazione, non è assolutamente realista, anzi gioca sull’equivoco, livellando al ribasso le caratteristiche dei vini DOCG, della terra che li produce, della storia e delle tradizioni di cui sono portatori.
Che le Colline UNESCO facciano gola, e probabilmente provochino invidia, è risaputo; tuttavia parliamo di un territorio plasmato dalla fatica dell’uomo, di un saper fare, che è prezioso valore aggiunto e che rappresenta l’essenza stessa di un prodotto, il quale non può e non deve essere confuso… soprattutto quando si parla di messaggi promozionali per i quali sono stati sborsati quasi 100 mila euro. Il problema non è nuovo.
Già a fine giugno una cinquantina di cantine della Denominazione aveva indirizzato al CDA del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG una lettera in cui chiedeva “una revisione urgente e indifferibile della strategia di marketing”, sollecitando di spostare “il focus sulle differenze che sostengono il valore aggiunto del nostro territorio e dei nostri vini” e concludendo che “il Consorzio ha il dovere di monitorare ed impedire l’uso improprio e superficiale del nome prosecco coerentemente con la legislazione vigente”.
A sei mesi di distanza e nonostante le rassicurazioni verbali, i firmatari della missiva non hanno riscontrato cambi di rotta – durante il Vinitaly 2022 il Consorzio del Conegliano Valdobbiadene, il Consorzio di Asolo ed il Consorzio Prosecco DOC hanno altresì condiviso il medesimo stand, omologando la comunicazione e la percezione del prodotto – né azioni utili a mettere dei distinguo quando si parla Denominazioni diverse e per alcuni versi divergenti: “La situazione non è più accettabile – affermano con forza le cinquanta aziende vinicole della DOCG appartenenti al Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene – e pretendiamo che la strategia in essere venga immediatamente bloccata, favorendo un marketing che privilegi la promozione binaria vino-territorio ed esalti quelli che sono i nostri punti di forza che hanno radici profonde e secolari, che da sempre convergono nella qualità del prodotto e nell’unicità di un territorio”.
“L’universo Prosecco”, così come identificato, brandizzato e diffuso su larga scala dai tre Consorzi su Netflix ora, e al Vinitaly prima, rischia di danneggiare il lavoro di tante aziende che hanno investito le risorse di intere generazioni per distinguere il loro vino sul mercato nazionale e internazionale. Appaiono allora poco rassicuranti per i viticoltori storici della Denominazione le parole sin qui udite dal CDA del Consorzio di Tutela, che pare non essere concentrato su quello che dovrebbe essere il suo impegno primario, vale a dire la tutela del nome, e del buon nome, del suo prodotto. A maggior ragione in questo determinato periodo storico, particolarmente delicato in termini di ottimizzazione delle risorse economiche ed efficacia dei messaggi.
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