Dal 1 gennaio 2023, salvo ulteriori proroghe, lo standard di trasmissione digitale passerà da DVB-T1 a DVBT2. Se nel 2009 ci fu il passaggio dall’analogico al digitale terrestre, ora ha inizio la rivoluzione del video HD ( Alta Definizione) e del 5G che  ha sottratto 12 frequenze della banda 700 UHF (canali dal 49 al 60) agli operatori di rete  per assegnarle ai telefonici.

Un grosso affare per lo Stato che tra la cessione della banda 800 più la 700 ha ricavato ben 5 miliardi di euro a discapito delle tv locali  costrette a stringersi in una sola frequenza con codifica MPEG-4 (detta anche H264) che  può contenere al massimo 24  programmi regionali in SD (Standard Definition)  rispetto ai previsti 40 e più della codifica HEVC prevista per legge, ma platealmente elusa (detta anche H265).

Dunque, il numero delle emittenti che entrano nel T2 dipende da come vengono impiegate le diverse codifiche utilizzate e lo standard SD o HD (Alta Definizione). Nella fase di transizione il Mise, contrariamente a ciò che stabilisce la legge e la delibera 39/CONS/19 dell’Autorità per le Garanzie nella Comunicazioni (AGCOM), ha imposto l’utilizzo della codifica MPEG-4 anziché la HEVC penalizzando molte emittenti storiche che, per mancanza di spazio trasmissivo, probabilmente non le vedremo più.  

Infatti, nelle regioni come Puglia, Veneto, Sicilia e molte altre in cui operano più di ventiquattro emittenti si prevede la chiusura certa del 50% di esse per via di un percorso di transizione T1-T2 non sincronizzato ai sensi dell’uso efficiente delle frequenze previsto dal Codice delle comunicazioni.  

Ma non è tutto: le emittenti sopravvissute ai bandi di ammissione al T2 saranno a forte rischio di oscuramento allo stesso modo dei milioni di televisori di casa e dei luoghi pubblici (alberghi, bar, ristoranti, circoli, ospedali, uffici pubblici e privati in genere).

Per il passaggio al T2 si fa riferimento al D.P.R. 146/17, con cui si stabiliscono i nuovi criteri di accesso ai contributi per le radio e le televisioni locali ai fini dello sviluppo del pluralismo informativo. Però, da come è stato concepito il riparto del fondo, nascono parecchi problemi.  Infatti l’80,75% del fondo statale viene assegnato solo a cento televisioni  presenti nella graduatoria di quel DPR 146/17 lasciando a bocca asciutta le rimanenti 450 televisioni medio piccole, circa 1000 radio medio piccole che devono accontentarsi del 15% del fondo e zero euro alle radio digitali del DAB (Digital Audio Broadcasting). Una stima di circa 5000 lavoratori del settore lasciati a casa.

Oltre all’emittenza c’è anche l’utenza.

Si può affermare che con tutta questa manovra saranno principalmente  penalizzate l’utenza e le emittenti locali.  Pochi sanno che,  per mancanza di una tabella di marcia sincronizzata, per il  passaggio alla TV del T2 ben 25-40  milioni di televisori saranno oscurati senza saperlo.  La beffa di tutto ciò è di dover forzosamente  mettere mani alla tasca per l’acquisto di diversi decoder o nuovi smart tv per sostituirli con quelli non più idonei che teniamo in casa e negli luoghi di lavoro.

L’altra novità, del tutto inedita, e che una volta acceso il televisore noterete l’assenza di moltissimi canali a voi cari perché soppressi dal Mise o scompaginati da AGCOM a causa della  nuova pianificazione della numerazione del telecomando valevole sole per le locali in quanto le nazionali avranno il privilegio di rimane al loro posto.  

Tutto questo trambusto è davvero roba da “MISTERO dello Sviluppo Economico italiano” ha dichiarato Antonio Diomede, Presidente della più rappresentativa associazione delle emittenti locali medio piccole  REA – Radiotelevisioni Europee Associate.

La REA, per salvare capre e cavoli, cioè garantire la continuità del  servizio all’utenza e il diritto insopprimibile delle emittenti ad esistere  senza avere  paura di essere cancellate dal Mise, propose il simulcat,  ovvero il contemporaneo uso dei due i sistemi del T1/MPEG-4 e del T2/HEVC.

Per facilitare l’operazione, con un atto di giustizia sociale dello Stato,  sarebbe stato giusto ed utile regalare i 25-40 milioni di  decoder necessari dall’utenza domestica per non essere oscurata. Il costo dell’operazione è valutato mediamente  250  milioni di euro ripartiti, proporzionalmente al volume della pubblicità e canone delle Reti nazionali.  Antonio Diomede, presidente della REA ricorda che “ cinque sono i miliardi di euro di entrate di RAI e Mediaset,  di cui circa 3,3 da pubblicità e 1,7 da canone in bolletta. Ma la considerazione parte anche dal fatto che i maggiori vantaggi della rivoluzione tecnologica sono andati alle due grandi Reti nazionali  per il privilegio avuto col passaggio al T2 nel disporre gratuitamente di maggiore  capacità trasmissiva, di conservare le stesse numerazioni sul telecomando senza tener conto che percepiscono  il  95% delle risorse pubblicitarie del comparto radiotelevisivo nazionale”

Dal lato assegnazione delle frequenze, Diomede sostiene che “nel periodo di transizione del simulcast, come REA, avevamo proposto al Mise di utilizzare almeno due frequenze di primo livello in ciascun ambito territoriale in modo da soddisfare la momentanea inderogabile necessità di non far cessare l’attività a 450 imprese televisive, sia per  diritto costituzionale, sia per salvaguardare più di 3000 posti di lavoro di cui 700 giornalisti.

Fonte: REA Radiotelevisioni Europee Associate

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Di Sergio Capretta

Presidente e direttore responsabile di Valdo Tv, Organizzazione Giornalistica Europea Giornalista indipendente. European Journalist GNS Association - International News Agency Esperto nel settore dei media online e videomaking. Esperto in editing non lineare, social media, video, Web e programmazione.

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