La tappa numero 14 del 103° Giro d’Italia, la cronometro da Conegliano a Valdobbiadene, è una fatica solitaria, ma che riceve energia dall’abbraccio – più che mai metaforico, visti i tempi – della gente trevigiana:  34,1 chilometri di saliscendi. Una lunga volata sulle strade che collegano le due capitali del Prosecco Docg. Il Muro (1,1 km con pendenza media del 12,3% e punte del 19%) arriva a poco più di sei chilometri dallo start di Conegliano e diventa il primo spartiacque nella sfida contro il tempo.

Per la salita simbolo della terra del Prosecco è un’emozione già vissuta, ma che al tempo stesso si colora di novità. E’ il quinto passaggio della Corsa Rosa sul Muro di Ca’ del Poggio, dopo gli applausi ricevuti nel 2009, 2013, 2014 e 2017. Il primo, però, da quando – nel 2019 – le colline di Conegliano e Valdobbiadene hanno ricevuto il riconoscimento Unesco di Patrimonio dell’umanità. Il Giro diventa così la miglior sintesi di un territorio che, nella giornata più rosa dell’anno, esprime l’orgoglio di esserci, di mostrare al mondo la sua unicità. 

La Corsa Rosa arriva sul Muro alle 13.10. Il primo a transitare, il britannico Jonathan Dibben, è anche l’ultimo in classifica. Poi inizia la serie dei passaggi eccellenti. Ecco Davide Cimolai, che sorride e trova il tempo per battere il pugno con l’amico Alberto Stocco, l’uomo che dal nulla ha creato il Muro di Ca’ del Poggio. 

Il pubblico, molto ordinato a bordo strada, si esalta per il tre volte iridato Peter Sagan. E ancora di più per Filippo Ganna che arriva sul Muro e sembra avere una marcia in più rispetto ai rivali. Potenza allo stato puro, come confermerà l’ordine d’arrivo a Valdobbiadene, con l’iridato a cronometro di Imola che conquista il terzo successo stagionale nella Corsa Rosa.

Il volume del tifo raggiunge punte altissime per il trevigiano Andrea Vendrame, che scatena il fan club appollaiato su un prato con striscioni e bandierine. E, dopo il passaggio di un poco brillante Vincenzo Nibali, non cala d’intensità neppure quando arriva la maglia rosa, il portoghese Joao Almeida, che a Valdobbiadene si confermerà leader della corsa.  

La gente è calda ma composta. Non ci sono assembramenti: solo urla e applausi, foto e trombette. Le mascherine fermano il Covid, ma non l’entusiasmo che accoglie i corridori sin dall’attacco della salita. L’ascesa, pedalata dopo pedalata, è un tripudio di bandiere, di botti, bici e casette colorate di rosa, di cartelli e scritte sull’asfalto (da “Vendramix” a “Top Ganna decolla”), di gesti che raccontano una passione condivisa, ma – oggi – sufficientemente distanziata.

Luca Zaia passa, saluta senza scendere dall’auto e fila via. C’è pure la prima apparizione dello splendido trofeo in cristallo che il maestro Marco Varisco ha realizzato per premiare, a Milano, il vincitore della maglia azzurra del Gran Premio della Montagna. E c’è il grande tappo decorato dall’artista Roberto Bertazzon. Una consuetudine che si rinnova, sul Muro, ad ogni passaggio del Giro e che quest’anno coniuga il ciclismo, le colline dell’Unesco, l’auspicio della liberazione dal Covid e una Venezia che rinasce dopo tempi difficili. Un muro d’emozioni e d’entusiasmo in una giornata che resterà indimenticabile. Ora, per il Giro, arrivano le montagne.



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Di Sergio Capretta

Presidente e direttore responsabile di Valdo Tv, Organizzazione Giornalistica Europea Giornalista indipendente. European Journalist GNS Association - International News Agency Esperto nel settore dei media online e videomaking. Esperto in editing non lineare, social media, video, Web e programmazione.

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